A proposito di legalità


Oggi termina il mese dedicato alla legalità.
In molte scuole di ogni ordine e grado, da diversi anni, il mese di maggio è diventato una sorta di memoriale delle stragi di mafia, un mese nel quale potersi fermare a riflettere sulla legalità e su ciò che nel nostro mondo continua a metterla in discussione. Gli studenti vengono coinvolti in  attività, letture, conferenze e quant'altro possa educare la loro coscienza di cittadini onesti.
Il tema della legalità mi è molto caro, poiché  vivo in una terra che troppo spesso viene associata all'idea opposta, a un'immagine criminale nella quale, ovviamente, non possono e non devono rispecchiarsi tutti i cittadini.
Credo, inoltre, come ho detto in più occasioni, che per seminare germogli di legalità bisogna, in primo luogo, educare al rispetto dell'altro, all'osservanza delle regole e al principio secondo il quale tutti, senza distinzione di sesso, etnia o religione, debbano essere ugualmente fruitori della legge, intesa come diritto e come dovere.
La legge è uguale per tutti deve significare, infatti, due cose fondamentali: 
1) tutti sono uguali di fronte alla legge e quindi hanno pari diritti;
2) tutti hanno il dovere di rispettare le regole che definiscono un dato sistema sociale, a prescindere dalla posizione che occupano, dal ruolo che svolgono e dalla classe socio-economica a cui appartengono.
Naturalmente, perché questo principio possa affermarsi, è necessario che esso venga posto come atteggiamento fondamentale da incarnare nella propria quotidianità partendo dalle piccole cose, dai piccoli gesti.
Non serve e soprattutto non basta predicare il rispetto della legalità, o manifestare pubblicamente con slogan e striscioni contro la mafia se non si è in grado di assumere, nel quotidiano, un atteggiamento rispettoso dell'altro, se ci si dimentica di applicare regole fondamentali  solo perché considerate scontate se non addirittura superflue. Non basta inveire a gran voce nelle piazze contro gli uomini d'onore e la loro prepotenza, se poi ci rapportiamo agli altri con atteggiamenti di arroganza che pretendiamo di legittimare dietro lo stendardo della gerarchia.
Non serve istruire le giovani generazioni se poi si getta nel fango il loro sapere bloccando la loro carriera professionale o impedendo loro di coltivare le proprie passioni.
Non ha alcun senso indignarsi per l'omertà o inchinarsi di fronte al coraggio dei testimoni di giustizia se poi siamo i primi a tacere le ingiustizie e le violenze (fisiche o psicologiche) che subiamo giorno dopo giorno in famiglia, a scuola, o sul posto di lavoro.
La legalità, non dimentichiamolo, incomincia da ognuno di noi!

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