Il gioco di ruolo
Mi volete ancora bene?
A giudicare dalle 1000 visualizzazioni del mio finto annuncio di abbandono me ne volevate, quindi spero di non avere perso del tutto la vostra stima...
Io, in parte, l'ho un po' recuperata, grazie a voi e al vostro affetto, che in alcuni casi si è tradotto in parole non proprio ripetibili in pubblico, ma che ho comunque apprezzato moltissimo.
Dopotutto, era solo una piccola finzione...
Dopotutto, era solo una piccola finzione...
E visto che parliamo di finzione, oggi è arrivato il momento di parlarvi del gioco di ruolo, o Role Playing, una tecnica molto efficace che si utilizza molto spesso nella conduzione di gruppi, ma anche nella formazione professionale.
Lo scopo principale, come abbiamo già accennato tempo fa, è quello di portare ogni partecipante a destrutturarsi entrando in un ruolo che non gli appartiene per imparare a vedere le cose da un'altra prospettiva ma anche per coglierne aspetti e sfumature a cui prima non si era data importanza.
Il primo ad utilizzare il termine Role Play fu Jacob Levi Moreno il quale, rifacendosi al teatro della spontaneità, affinò la tecnica dello psicodramma, utilizzata ancora oggi nella psicoterapia e nella mediazione familiare. Le due cose, però, per quanto molto simili, non vanno confuse poiché, come sottolinea Luigi Dotti, il livello di implicazione profonda dei partecipanti è molto diverso. Il fine del gioco di ruolo è quello di proporre situazioni sociali e professionali tipiche e la sua implicazione emotiva è inferiore rispetto a quella dello psicodramma, in cui si chiede al soggetto di mettere in scena situazioni reali storiche e traumatiche della propria vita. (Luigi Dotti, Forma e azione. Metodi e teconiche psicodrammatiche nella formazione e nell'intervento sociale, Franco Angeli).
Gli scopi fondamentali del gioco di ruolo, quindi, sono quelli di formare e prendere coscienza dei problemi e delle criticità connesse a una determinata situazione che può essere una situazione reale proposta dall'operatore oppure una situazione costruita o emblematica.
- role playing (gioco del ruolo): il ruolo è indicato nelle sue linee generali per cui il soggetto può agire in una condizione di semi-libertà;
- role creating (creazione del ruolo): il soggetto gode di un ampio margine di iniziativa personale, poiché è messo nelle condizioni di creare da sé il proprio ruolo.
Spesso il role playing è utilizzato nei tirocini formativi universitari e post universitari, e diventa un importante strumento di apprendimento sul campo. La simulazione di una futura situazione professionale, infatti, consente agli studenti di affinare competenze comunicative, di sperimentare la forza del lavoro di squadra e sviluppare abilità di problem solving che si tradurranno in una maggiore flessibilità e capacità di adattamento alle situazioni reali connesse alla propria professione. Tale tecnica è utilizzata anche nei corsi di formazione professionale rivolti a futuri dipendenti di un'azienda ma anche al personale interno all'azienda stessa e offre agli operatori validi strumenti di valutazione e di certificazione delle competenze dei lavoratori.
Uno dei principali vantaggi connessi al gioco di ruolo, inoltre, come scrive Jeanna Tolordava, è il fatto che «i partecipanti non subiscono l’influenza del rischio, del fallimento e di altri fattori negativi che di solito accompagnano la gestione» rapportandosi alla situazione con un atteggiamento maggiormente positivo e propositivo.
Il punto di forza di questa tecnica, a mio parere, sta proprio nella maggiore serenità con cui ogni partecipante è portato a pensare al problema da risolvere. Sapendo che si tratta di finzione e non di realtà (sebbene molte volte la situazione proposta rimandi a situazioni reali e conflittuali in atto o comunque già sperimentate) l'attore dimentica o semplicemente mette da parte l'ansia e le tensioni legate alla situazione reale, guadagnando nel contempo una maggiore lucidità che gli consente di valutare le cose in maniera più precisa e razionale. Inoltre, poiché molto spesso il ruolo che dovrà assumere nel gioco è diverso da quello che assume di solito, tale cambiamento di prospettiva lo costringerà ad assumere occhi nuovi per vedere la realtà da un'angolazione diversa.
Se poi il gruppo riesce a valorizzare anche la dimensione ludica dell'attività proposta, rendendola quindi divertente e stimolante, il risultato finale sarà, come sempre, più efficace.
Un esempio concreto è senz'altro l'esperienza vissuta proprio ieri in seno a un incontro formativo per educatori in cui la dimensione ludica e divertente si è rivelata, per così dire, anche troppo divertente.
Il primo ad utilizzare il termine Role Play fu Jacob Levi Moreno il quale, rifacendosi al teatro della spontaneità, affinò la tecnica dello psicodramma, utilizzata ancora oggi nella psicoterapia e nella mediazione familiare. Le due cose, però, per quanto molto simili, non vanno confuse poiché, come sottolinea Luigi Dotti, il livello di implicazione profonda dei partecipanti è molto diverso. Il fine del gioco di ruolo è quello di proporre situazioni sociali e professionali tipiche e la sua implicazione emotiva è inferiore rispetto a quella dello psicodramma, in cui si chiede al soggetto di mettere in scena situazioni reali storiche e traumatiche della propria vita. (Luigi Dotti, Forma e azione. Metodi e teconiche psicodrammatiche nella formazione e nell'intervento sociale, Franco Angeli).
Gli scopi fondamentali del gioco di ruolo, quindi, sono quelli di formare e prendere coscienza dei problemi e delle criticità connesse a una determinata situazione che può essere una situazione reale proposta dall'operatore oppure una situazione costruita o emblematica.
A seconda del livello di strutturazione e della libertà di azione dei singoli soggetti partecipanti si fa una distinzione tra:
- role taking (assunzione del ruolo): il ruolo è ben strutturato e definito, motivo per cui il soggetto è tenuto a seguire regole rigide e a non uscire da determinati schemi predefiniti dall'operatore; - role playing (gioco del ruolo): il ruolo è indicato nelle sue linee generali per cui il soggetto può agire in una condizione di semi-libertà;
- role creating (creazione del ruolo): il soggetto gode di un ampio margine di iniziativa personale, poiché è messo nelle condizioni di creare da sé il proprio ruolo.
Spesso il role playing è utilizzato nei tirocini formativi universitari e post universitari, e diventa un importante strumento di apprendimento sul campo. La simulazione di una futura situazione professionale, infatti, consente agli studenti di affinare competenze comunicative, di sperimentare la forza del lavoro di squadra e sviluppare abilità di problem solving che si tradurranno in una maggiore flessibilità e capacità di adattamento alle situazioni reali connesse alla propria professione. Tale tecnica è utilizzata anche nei corsi di formazione professionale rivolti a futuri dipendenti di un'azienda ma anche al personale interno all'azienda stessa e offre agli operatori validi strumenti di valutazione e di certificazione delle competenze dei lavoratori.
Uno dei principali vantaggi connessi al gioco di ruolo, inoltre, come scrive Jeanna Tolordava, è il fatto che «i partecipanti non subiscono l’influenza del rischio, del fallimento e di altri fattori negativi che di solito accompagnano la gestione» rapportandosi alla situazione con un atteggiamento maggiormente positivo e propositivo.
Il punto di forza di questa tecnica, a mio parere, sta proprio nella maggiore serenità con cui ogni partecipante è portato a pensare al problema da risolvere. Sapendo che si tratta di finzione e non di realtà (sebbene molte volte la situazione proposta rimandi a situazioni reali e conflittuali in atto o comunque già sperimentate) l'attore dimentica o semplicemente mette da parte l'ansia e le tensioni legate alla situazione reale, guadagnando nel contempo una maggiore lucidità che gli consente di valutare le cose in maniera più precisa e razionale. Inoltre, poiché molto spesso il ruolo che dovrà assumere nel gioco è diverso da quello che assume di solito, tale cambiamento di prospettiva lo costringerà ad assumere occhi nuovi per vedere la realtà da un'angolazione diversa.
Se poi il gruppo riesce a valorizzare anche la dimensione ludica dell'attività proposta, rendendola quindi divertente e stimolante, il risultato finale sarà, come sempre, più efficace.
Un esempio concreto è senz'altro l'esperienza vissuta proprio ieri in seno a un incontro formativo per educatori in cui la dimensione ludica e divertente si è rivelata, per così dire, anche troppo divertente.
Ma di questo vi parlerò nel prossimo post...
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