Co-sleepers anonimi, atto terzo: il letto a quattro piazze trasloca
Terzo incontro.
La sala, non troppo illuminata, è avvolta da un'atmosfera di tensione mista a speranza di farcela, di uscire dal tunnel della dipendenza.
Mentre ci sediamo ai nostri posti, sempre vicini, sempre stringendoci nervosamente la mano, io e mio marito ci guardiamo intorno, cerchiamo di scorgere nel cerchio della speranza volti conosciuti che ci comunichino solidarietà e piena comprensione.
Il gruppo è composto da una decina di coppie, molte delle quali sono le stesse della volta precedente. Ne mancano soltanto tre, il che lascia spazio solo a due possibili interpretazioni: ce l'hanno fatta, sono diventati finalmente indipendenti, hanno sconfitto il nemico oppure, ipotesi che ha sfiorato la mente di tutti ma non viene pronunciata da nessuno, hanno mollato, hanno ceduto senza speranza alla dipendenza, definitiva e assoluta!
Il loro posto è occupato da tre nuove coppie, giovani e col volto segnato dalle notti insonni e dall'incapacità di celare un velo di imbarazzo perchè presto dovranno raccontarsi, dovranno mettere a nudo le loro debolezze.
Le regole sono sempre quelle: chi se la sente alza la mano, saluta i compagni , si presenta, e dichiara la propria dipendenza aggiungendo qualcosa sugli sviluppi della situazione dall'ultimo incontro.
Qualcuno è riuscito a staccarsi per qualche settimana, altri riescono a mantenere le distanza per la prima parte della nottata, altri continuano ad essere pienamente e irrimediabilmente invischiati.
Arriva il nostro turno e come sempre io prendo la parola per prima:
«Ciao a tutti» la mia voce è tremolante ma riesco comunque a mantenere il controllo «per chi non mi conoscesse sono Elisa e sono una co-sleeper». Aspetto che gli altri rispondano al saluto e ne approfitto per riprendere fiato prima di ricominciare:
«Da mesi ormai i bambini dormono nella loro stanzetta e non sono più ritornati nel nostro lettone».
Scorgendo negli occhi dei nostri compagni la stima e l'approvazione, mi illudo di aver completato il mio racconto e per un po' mi gratifico di quei complimenti celati e di quelle facce incredule.
Poi, però, puntuale e realista come sempre, interviene mio marito, e completa il mio racconto lasciato, volutamente, a metà:
«Si, è vero.... i bambini non dormono più nella nostra stanza...... adesso siamo noi che dormiamo nella loro».
A questo punto un brusio imbarazzante si solleva appesantendo notevolmente l'atmosfera finchè il capogruppo, incredulo, ma come sempre disposto alla comprensione e all'ascolto, invita tutti al silenzio e ci chiede di continuare.
Coraggiosamente e con la consapevolezza che ammettere sinceramente le proprie debolezze è il primo passo per superarle, mio marito prosegue il suo racconto spiegando che le influenze, il trasloco temporaneo a casa dei miei, l'eco insopportabile nella nostra stanza da letto, ci hanno spinto, notte dopo notte, a dormire nei loro lettini che adesso, non si sa come, somigliano incredibilmente al nostro letto a quattro piazze. Conclusione: quello che era sembrato un traguardo e un grande successo era solo, almeno per il momento, un semplice trasloco.......
................... continua.........................................................................................................................
Noi avevamo un lettone a tre piazze ed è rimasto così fino a che D. aveva 5 anni, poi un giorno di punto in bianco ha detto...vado a dormire nella mia stanza!! Non ci potevo credere, da quel giorno non è più tornato indietro, anche x' dal giorno dopo avevo sbaraccato il suo letto nella ns stanza!!! C'è un momento in cui si sentono pronti, prima o poi arriva sempre!!! Mai disperare!!
RispondiEliminaCiao, noi per siamo co-sleepers per scelta, aspetteremo quando lui sarà pronto, che sia a 2, 3 o anche a 5 anni noi siamo sereni che è la scelta migliore. Qui la nostra esperienza:
RispondiEliminahttp://timoilbruco.wordpress.com/2013/03/03/dormire-insieme-ai-bambini/
Mi ha fatto troppo ridere questo post!
RispondiEliminaMi fa molto piacere, se un mio post riesce a suscitare il sorriso o, meglio ancora, una sonora risata, ha raggiunto pienamente il suo scopo!
RispondiElimina