In gita...dalla pediatra
La sala d’aspetto di uno studio medico,
generalmente, si presenta come un luogo tetro, spesso triste, risonante di
suoni poco piacevoli come tosse, lamenti, litigi tra pazienti che pretendono di
passare prima di altri e pazienti che lamentano di essere stati scavalcati. I
litigi di solito sono l’unica forma di vitalità che si può scorgere in un
contesto di questo tipo.
Tranne se….
…tranne, ovviamente, se quello studio medico è
l’ambulatorio di un pediatra. In
quel caso la musica cambia!
La sala antistante l’ambulatorio di un pediatra, di
solito, si confonde con una specie di parco giochi in cui i bambini (i miei, per lo meno!)
scambiano le sedie per promontori interessanti da scavalcare e da cui scivolare
e approfittano degli spazi leggermente più ampi di quelli domestici per dare
libero sfogo a corse da troppo tempo frenate. L’osservatore, il più delle
volte, faticherebbe ad associare a quegli esserini così vivaci e pieni di
energia, l’idea di “pazienti” soggetti ad un qualsiasi tipo di malattia o
reduci da una terribile influenza. I segni, anzi i solchi, di queste si vedono
molto più chiaramente nei volti stremati dei genitori e soprattutto nei cerchi agli occhi, disegnati da un
numero imprecisato di nottate.
La mamma
teme quasi di essere considerata esagerata, se non addirittura bugiarda per
avere appena finito di dire che la propria bambina (adesso intenta a promuovere
sommosse e animare villaggi turistici di piccoli pazienti) è appena scampata ad
una tremenda influenza con complicazioni polmonari!
Quello che succede poi dentro l’ambulatorio è
un’incognita per molte mamme. In alcuni casi il bambino urla semplicemente alla
vista del camice bianco, o si strazia come se lo stessero trucidando ogni volta
che la dottoressa o la sua assistente tentano di metterlo sulla bilancia per
calcolarne il peso. Altre volte l’approccio è molto più sereno e il bambino si
lascia visitare con calma, senza opporre alcuna resistenza, ma con la tensione
tipica dei pazienti adulti. Vi sono poi i pazienti che, come mia figlia, non si
accontentano di essere auscultati una volta sola e pretendono che il medico
ripeta l’operazione, per essere più sicuri. Questo è quello che è successo oggi
con Sara. Dopo essersi sdraiata con aria da grande sul lettino, e aver accolto
con risatine il fonendoscopio che le provocava il “iechito” (solletico,
tradotto nella sua lingua) si è rivolta alla pediatra e l’ha implorata:
«’ttoressa…ancora!!!». La dottoressa l’ha accontentata e lei ha assunto la
classica espressione fiera della vittoria.
Quando siamo usciti, pretendeva di rimanere ancora
perché doveva continuare a giocare con il bimbo che aveva conosciuto poco prima
e che aveva trasformato, in due secondi, in un teppistello della sua portata,
incitandolo a correrle dietro e giocare con lei. Notevolmente contrariata,
mentre le rimettevo il giubbotto, continuava a ripetere: «Noooooo!!!Io voglio
giocare con Jhonny!!!».
Peccato, però, che il nome di quel bambino era
Diego…
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